Acidi grassi a catena corta: quali sono, sintesi, funzioni

Gli acidi grassi a catena corta o SCFAs sono acidi grassi saturi con catena carboniosa lineare o ramificata composta da un numero di atomi di carbonio compreso tra 2 e 5, e sono l’acido acetico, l’acido propionico, l’acido butirrico, l’acido isobutirrico, l’acido valerico, l’acido isovalerico, e l’acido 2-metilbutirrico.[1]
Nell’uomo sono, con i sali biliari secondari, i principali metaboliti prodotti dai batteri del microbiota intestinale nel cieco e nel colon, e derivano quasi interamene dalla fermentazione anerobica di carboidrati non digeribili.[11] I più abbondanti sono l’acido acetico, l’acido propionico e l’acido butirrico, che costituiscono circa il 95% del totale degli acidi grassi a catena corta prodotti.[6] La percentuale rimanente è costituita da quelli a catena ramificata.
Sono i principali anioni presenti nel colon. La loro concentrazione è maggiore nel cieco e nella parte prossimale del colon rispetto a quella distale, dove i substrati per la loro sintesi vanno esaurendosi.[1][2][4] Sono in grado di ridurre il valore del pH del lume intestinale e quindi acidificare le feci.
Circa il 90-95% viene assorbito nel cieco e nel colon, mentre il restante 5-10% viene escreto con le feci.[13]
Si ritiene forniscano circa il 70% del fabbisogno energetico necessario ai colonociti.[4]
Gli acidi grassi a catena corta sono in grado di modulare sia la fisiologia che la composizione del microbiota intestinale.[7] Inoltre, un numero crescente di ricerche suggerisce che svolgano un ruolo importante nel concorrere al mantenimento della salute dell’uomo.[4]

Indice

Fonti

Al pari degli acidi grassi a catena media e degli acidi grassi a catena lunga, gli acidi grassi catena corta sono presenti nei tessuti animali e vegetali principalmente in forma di trigliceridi, sebbene in quantità molto inferiori rispetto a quelli a catena lunga.
Nell’adulto la principale fonte alimentare è costituita da latte e derivati, dove l’acido butirrico è quello presente in concentrazione maggiore. Altre fonti sono alcuni oli vegetali, come l’olio di cocco e l’olio di palmisti.
Nei neonati allattati al seno la principale fonte è il latte materno.[10]
Tuttavia, per l’uomo, e per la maggior dei mammiferi, la fonte più importante è costituita dalla fermentazione anaerobica delle fibre e dell’amido resistente, ossia di carboidrati indigeribili, ad opera dei batteri del microbiota intestinale.[6] Questa via porta alla produzione di circa 500-600 mM di SCFAs al giorno. Gli acidi acetico, propionico e butirrico sono presenti in un rapporto molare rispettivamente di circa 60:20:20, sebbene la proporzione relativa di ciascuno essi dipenda dal substrato, dalla composizione del microbiota, e dal tempo di transito intestinale.[7][11]

Proprietà

Gli acidi grassi a catena corta hanno catene carboniose composte da un numero di atomi di carbonio compreso tra 2 e 5, caratteristica che influenza fortemente le loro proprietà fisiche.[9]
L’acido acetico, l’acido butirrico, l’acido propionico e l’acido valerico sono acidi grassi a catena lineare, mentre l’acido isobutirrico, l’acido isovalerico e l’acido 2-metil butirrico sono acidi grassi a catena ramificata.

Formule di struttura e proprietà degli acidi grassi a catena corta
Sono molecole di piccole dimensioni, e tra i lipidi sono i più piccoli.
A temperatura ambiente sono liquidi, e sono solubili in solventi polari come l’acqua, differendo in questo dagli acidi grassi con catene carboniose più lunghe, la cui solubilità in solventi polari, considerando quelli a catena lineare, va diminuendo all’aumentare della lunghezza della catena stessa, essendo questa la parte della molecola dotata di carattere non polare, a differenza del gruppo carbossilico che è polare.[10]
Va infine notato che l’acido butirrico e l’acido isobutirrico, che hanno formula molecolare C4H8O2, sono un esempio di isomeria di catena, al pari dell’acido valerico, dell’acido isovalerico e dell’acido 2-metilbutirrico, i quali hanno formula molecolare C5H10O2.

Effetti sulla salute

Gli acidi grassi a catena corta sono ritenuti svolgere un ruolo cruciale nel mantenimento della salute dell’uomo.[4] La loro azione sembra esplicarsi attraverso effetti diretti e indiretti su processi cellulari come la proliferazione, la differenziazione e l’espressione genica, concorrendo in questo modo alla regolazione di processi quali l’omeostasi del glucosio, la funzionalità intestinale e immunitaria, e la regolazione dell’asse microbiota-intestino-cervello.[6] Tutto ciò sembra essere confermato anche da studi che mostrano come una disbiosi intestinale appaia essere implicata in patologie metaboliche, come disturbi che coinvolgono l’omeostasi del glucosio, e comportamentali e neurologiche, come l’Alzheimer, il Parkinson, e la depressione.[11]

Sintesi

Nell’uomo, il corredo enzimatico responsabile della digestione dei carboidrati è privo degli enzimi in grado di digerire le fibre e l’amido resistente, quest’ultimo così chiamato proprio perché resiste all’azione idrolitica della alfa-amilasi. Al contrario, i batteri del microbiota intestinale codificano per un gran numero di differenti glicoside idrolasi, oltre 260, grazie alle quali sono in grado di liberare monosaccaridi dalle fibre e dall’amido resistente.[7] Gli esosi e i desossiesosi entrano nella glicolisi, e i pentosi nella via del pentoso fosfato, a dare il piruvato, la base coniugata dell’acido piruvico, che è il principale precursore per la sintesi degli acidi grassi a catena corta.[2][4][5]
La sintesi degli SCFAs è influenzata da diversi fattori, alcuni dei quali sono di seguito elencati.[4][11][13]

  • Il contenuto di fibre della dieta. Ad esempio, una dieta ricca di fibre, come la dieta mediterranea, può influenzarne la sintesi.
  • La composizione del microbiota intestinale.
  • Il pH del lume intestinale, in quanto per valori di circa 5,5 dominano i batteri che producono acido butirrico, mentre per valori di circa 6,5 dominano i batteri che producono acido acetico e acido propionico.
  • La velocità di transito intestinale.
  • La quantità di ossigeno nel lume intestinale.

L’acido acetico e l’acido propionico sono prodotti principalmente da specie appartenenti al phylum Bacteroides, mentre l’acido butirrico, per la cui sintesi è particolarmente importante l’amido resistente, da specie batteriche appartenenti al phylum Firmicutes.[6]

Sintesi dell’acido acetico

L’acido acetico, il più abbondante tra gli SCFAs presenti nel colon, può essere sintetizzato attraverso la via di Wood-Ljungdahl nella direzione riduttiva, a mezzo della riduzione della CO2 ad acetato, o dall’acetil-CoA, la via metabolica più importante essendo responsabile della produzione di circa due terzi dell’acido grasso presente nel lume intestinale.[4]

Sintesi dell’acido propionico

L’acido propionico può essere sintetizzato attraverso tre differenti vie metaboliche: le vie dell’acrilato e del succinato, che utilizzano come precursore l’acido lattico prodotto da altri batteri, e la via del propandiolo, nella quale i precursori sono desossiesosi.[2][3][10]
Nella via dell’acrilato, l’acido lattico viene convertito in propionil-Coa via lattoil-CoA. Nel passaggio finale il propionil-Coa è idrolizzato a dare acido propionico.
Nella via del succinato, il lattato viene ridotto a piruvato, che a sua volta viene carbossilato a ossalacetato, che è convertito in propionil-CoA attraverso una via metabolica che ha come intermedi il malato, il fumarato, il succinato e il metilmalonil-CoA. Infine il propionil-CoA viene idrolizzato a coenzima A e acido propionico. La via del succinato è considerata la via dominante per la sintesi dell’acido propionico nell’intestino.
Nella via del propandiolo, alcuni desossiesosi, come il fucosio e il ramnosio, sono convertiti, via 1,2-propandiolo, in propionil-Coa e quindi in acido propionico.

Sintesi dell’acido butirrico

La sintesi dell’acido butirrico può seguire due vie.[7][10]
Nella maggior parte dei batteri produttori di acido butirrico, l’acido grasso a catena corta è prodotto attraverso una via metabolica che ha inizio con la condensazione di due molecole di acetil-CoA a dare acetoacetil-CoA. Di seguito l’acetoacetil-CoA viene convertito in beta-idrossibutirril-CoA, crotonil-CoA, e butirril-CoA. Nell’ultima tappa si ha la liberazione di acido butirrico dal butirril-CoA.[8]
In un numero ridotto di specie batteriche il butirril-CoA viene convertito in butirrilfosfato, da cui viene infine liberato acido butirrico.[2]

Sintesi dagli aminoacidi

L’acido acetico, l’acido propionico e l’acido butirrico possono essere prodotti anche a partire da aminoacidi derivanti dalla degradazione di peptidi e proteine, sebbene la quantità prodotta da queste vie sia minima.[7]
Questi processi si verificano nella parte distale del colon, spesso ad opera di batteri non commensali.[3] Dal metabolismo di aminoacidi differenti sono prodotti acidi grassi a catena corta diversi; di seguito alcuni esempi.[4]

  • Dall’acido glutammico sono prodotti principalmente acido acetico e acido butirrico.
  • Dall’acido aspartico derivano principalmente acido acetico e acido propionico.
  • Dagli aminoacidi basici lisina, arginina e istidina sono prodotti acido acetico e acido butirrico.
  • Dalla cisteina derivano gli acidi acetico, propionico e butirrico.
  • Dal metabolismo della metionina derivano principalmente l’acido propionico e l’acido butirrico.
  • Dagli aminoacidi ramificati leucina, isoleucina e valina si originano acidi grassi a catena corta ramificati.

Il pH del lume intestinale influenza il metabolismo delle proteine da parte del microbiota intestinale, a partire dalla loro degradazione negli aminoacidi costituenti, più probabile a pH neutro o debolmente alcalino.
Si noti che dal metabolismo intestinale degli aminoacidi sono prodotti anche composti potenzialmente tossici, quali ammoniaca, solfiti e fenoli.

Sintesi endogena

L’uomo, e più in generale i mammiferi, hanno il corredo enzimatico per la sintesi endogena di acidi grassi a catena corta. La sintesi, prevalentemente epatica, avviene a mezzo di cicli di reazioni di beta-ossidazione che portano alla formazione di acil-CoA con catena carboniosa via via più corta dell’acido grasso di partenza. L’acido grasso legato al coenzima A è quindi rilasciato a seguito dell’idrolisi operata da una acil-CoA tioesterasi (EC 3.1.2.20).[10][12]

Recettori di membrana

Gli acidi grassi a catena corta sono in grado di legarsi a specifici recettori presenti sulla membrana plasmatica, i recettori accoppiati alle proteine G, tra cui GPR41, GPR43 e GPR109A.[6]
Gli effetti del legame ai recettori dipendono dal tipo di cellula. Ad esempio, il legame ai recettori presenti sulle cellule L dell’intestino è associato al rilascio di GLP-1, o glucagon-like peptide-1, e del peptide YY, ormoni che hanno effetto sull’appetito e sull’assunzione di cibo. Il legame alle cellule enterocromaffini induce il rilascio di serotonina, il che potrebbe avere effetto sulla motilità intestinale. Infine il legame ai recettori presenti sulle cellule beta del pancreas aumenta il rilascio di insulina.[11]
I diversi acidi grassi a catena corta hanno capacità differenti di attivare i recettori: GPR43 è più probabile sia attivato dall’acido acetico e dall’acido propionico, GPR41 dall’acido propionico e dall’acido butirrico, mentre GPR109A dall’acido butirrico.[4]

Assorbimento

Circa il 90% degli acidi grassi a catena corta presenti nel lume intestinale è assorbito dai colonociti. Il passaggio attraverso la membrana plasmatica può avvenire per diffusione passiva o a mezzo di un trasporto attivo mediato da due tipi di trasportatori di membrana: i trasportatori per i monocarbossilati H+-dipendenti e quelli Na+-dipendenti, indicati rispettivamente come MCTs e SMCTs.[6][7]
Il trasporto passivo interessa le forme protonate degli SCFAs, quindi è influenzato dal pH presente nel colon. Una debole acidificazione del lume intestinale, che può essere conseguente all’attività metabolica dei microrganismi presenti, aumenta la prevalenza della forma protonata e quindi del trasporto passivo.[10]

Funzioni nel colonocita

Nei colonociti, gli acidi grassi a catena corta possono essere utilizzati a scopi energetici e regolatori.
Quando utilizzati a fini energetici, l’acido acetico e l’acido butirrico sono convertiti in acetil-CoA, e l’acido propionico in propionil-CoA. Attraverso la produzione di ATP contribuiscono al mantenimento dell’omeostasi cellulare, ma anche, ad esempio, al mantenimento dell’integrità delle giunzioni strette presenti agli apici cellulari, e quindi dell’integrità della barriera intestinale.[11] Dei tre principali acidi grassi a catena corta prodotti nell’intestino, l’acido butirrico è la principale fonte di energia per i colonociti, mentre gli acidi acetico e propionico sono scarsamente metabolizzati e per la maggior parte drenati dalla vena porta.[2][13]
A fini regolatori gli SCFAs sono ad esempio in grado di inibire l’attività delle istone deacetilasi (EC 3.5.1.98), enzimi che catalizza la rimozione dei gruppi acetilici da residui di lisina delle proteine istoniche, gruppi acetilici precedentemente inseriti dalla istone acetiltransferasi (EC 2.3.1.48).[7] I gruppi R delle lisine deacetilate portano cariche positive, il che fa si che le proteine istoniche avvolgano più strettamente il DNA, che porta cariche negative. Ciò rende il nucleosoma più compatto, e di conseguenza più difficile eseguire la trascrizione e l’espressione genica. I diversi acidi grassi a catena corta hanno differenti capacità di inibire l’attività delle istone deacetilasi:

    • fino all’80% per l’acido butirrico;
    • fino al 60% per l’acido propionico;
    • l’acido acetico ha la minor capacità inibitoria.[4]

Questa modalità d’azione sulle istone deacetilasi è stata osservata non solo nell’intestino e nel tessuto immunitario associato, ma anche nel sistema nervoso centrale e periferico.[11]

Trasporto

Gli acidi grassi a catena corta che non sono stati utilizzati nel colonocita lasciano la cellula per diffusione passiva e trasporto attivo, a livello della membrana basolaterale, per entrare nella circolazione portale, dove la concentrazione maggiore è raggiunta dall’acido acetico, circa 260 mM/L, mentre gli acidi propionico e butirrico raggiungono concentrazione di circa 30 mM/L.[2]
Nel retto, una piccola quantità di questi piccoli lipidi può passare direttamente nella circolazione sistemica, bypassando il fegato, a mezzo della vena iliaca interna.[13]
A differenza degli acidi grassi a catena lunga, quelli a catena corta e media viaggiano in circolo in forma libera, come acidi grassi non esterificati, e, legati all’albumina, raggiungono il fegato. Il successivo uptake e trasporto citosolico non richiede l’intervento delle proteine leganti gli acidi grassi, di traslocasi per gli acidi grassi nella membrana plasmatica, o di proteine leganti gli acidi grassi nel citosol. Pertanto, muovendosi liberamente, la loro ossidazione potrebbe essere assai più veloce rispetto a quella degli acidi grassi a catena lunga e ai membri più lunghi degli acidi grassi a catena media, ossia quelli con catene carboniose con più di 8 atomi.[10]

Metabolismo epatico ed extraepatico

Il fegato è un sito importante per il metabolismo degli acidi grassi a catena corta.[13]Infatti l’organo è in grado di assorbire circa il 40% dell’acido acetico e l’80% del dell’acido propionico presenti nella vena porta. L’acido propionico è per la maggior parte metabolizzato nel fegato, dove può essere utilizzato anche come substrato per la gluconeogenesi.[7]
Una piccola quantità degli SCFAs prodotti nell’intestino, circa il 36% per l’acido acetico, il 9% per l’acido propionico e solo il 2% per l’acido butirrico, raggiunge, attraverso la circolazione sistemica, i tessuti periferici. Nel muscolo, l’acido acetico può essere utilizzato per la sintesi dei lipidi o essere ossidato per la produzione di energia. Inoltre, si ritiene che le concentrazioni presenti nella circolazione sistemica, seppure piccole, siano in grado di influenzare il metabolismo e la fisiologia delle cellule dei tessuti periferici.

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