2,3-Bisfosfoglicerato: proprietà, metabolismo, ruolo nel legame emoglobina-ossigeno

Il 2,3-bisfosfoglicerato (2,3-BPG) è la base coniugata dell’acido 2,3-bisfosfoglicerico.[10]

Nel globulo rosso, a livello del mare, è presente in concentrazioni vicine a quella dell’emoglobina (Hb), circa 5 mM. Negli altri tipi cellulari è invece presente in tracce.[18]

Nell’eritrocita viene sintetizzato a partire dall’1,3-bisfosfoglicerato (1,3-BPG) nella prima reazione dello shunt di Rapoport-Luebering.[16][17] Essendo lo shunt di Rapoport-Luebering una deviazione dalla via glicolitica a monte delle reazioni che portano alla sintesi dell’ATP, la produzione di 2,3-bisfosfoglicerato comporta un costo energetico di due molecole di ATP per molecola prodotta.[11]

Il 2,3-BPG ed è uno dei regolatori dell’affinità dell’emoglobina per l’ossigeno.[4] E’ inoltre necessario all’attività catalitica della fosfoglicerato mutasi (EC 5.4.2.1), ed è un attivatore allosterico della ribosio fosfato pirofosfochinasi (EC 2.7.6.1).[14][18]

Legandosi all’emoglobina ne riduce l’affinità per l’ossigeno facilitandone il rilascio a livello dei tessuti periferici.[4]

Nel globulo rosso la concentrazione del 2,3-bisfosfoglicerato può variare in risposta a modifiche nel flusso di carbonio attraverso la via glicolitica. Tali modificazioni possono essere conseguenti a variazioni di altitudine, a malattie che compromettano l’ossigenazione del sangue, o difetti a carico di enzimi glicolitici, e si riflettono sull’affinità di legame tra emoglobina e ossigeno.[3][15][19]

Indice

Proprietà chimiche

Il 2,3-bisfosfoglicerato è la base coniugata dell’acido 2,3-bisfosfoglicerico. Ha un peso molecolare di 261,00 g/mol e formula molecolare C3H3O10P2-5.[10]
Secondo la nomenclatura IUPAC il suo nome è (2R)-2,3-bis(fosfonoossi)propanoato.[6]

Il pKa dell’acido 2,3-bisfosfoglicerico è pari a 0,48. Ne consegue che a pH fisiologico è presente quasi esclusivamente in forma ionizzata, il 2,3-BPG.[6]

E’ solubile in acqua, con un valore pari a 9,69 g/L.[10]

Il 2,3-bisfosfoglicerato è un isomero dell’1,3-bisfosfoglicerato.

Metabolismo

Il 2,3-bisfosfoglicerato viene prodotto a partire dall’intermedio glicolitico 1,3-bisfofoglicerato nella prima delle due tappe che compongono lo shunt di Rapoport-Luering.[16][17]

Entrambe le reazioni dello shunt sono catalizzate dalla bisfosfoglicerato mutasi (EC 5.4.2.4), enzima multifunzionale in grado di svolgere tre attività principali, potendo agire come 2,3-BPG sintasi, l’attività principale, 2,3-BPG fosfatasi, e 2,3-BPG mutasi.[1]

Nella prima reazione dello shunt di Rapoport-Luebering l’enzima agisce come sintasi e catalizza l’isomerizzazione dell’1,3-bisfosfoglicerato a 2,3-bisfosfoglicerato. L’enzima catalizza il trasferimento intermolecolare di un gruppo fosforico dal C-1 dell’1,3-bisfosfoglicerato al C-2 del 3-fosfoglicerato, che quindi deve essere presente nel sito attivo. La reazione comporta la conversione del 3-fosfoglicerato a 2,3-bisfosfoglicerato mentre l’1,3-BPG diviene il nuovo 3-fosfoglicerato.[4]

Metabolismo e funzioni del 2,3-bisfosfogliceratoNella seconda reazione dello shunt, il 2,3-bisfosfoglicerato viene defosforilato a 3-fosfoglicerato. La reazione è catalizzata dall’attività fosfatasica della bisfosfoglicerato mutasi. Il 3-fosfoglicerato rientra quindi nella via glicolitica a livello dell’ottava tappa, catalizzata dalla fosfoglicerato mutasi (EC 5.4.2.1).[11]

Costo energetico della sintesi del 2,3-bisfosfoglicerato

La sintesi del 2,3-bisfosfoglicerato comporta un costo energetico per il globulo rosso pari a due molecole di ATP per molecola prodotta.[11]

L’1,3-BPG è il substrato della settima reazione della glicolisi, il trasferimento catalizzato dalla fosfoglicerato chinasi (EC 2.7.2.3) del gruppo fosforico ad alta energia legato al C-1 all’ADP, con formazione di 3-fosfoglicerato e ATP. La fosfoglicerato chinasi catalizza infatti la prima delle due fosforilazioni a livello del substrato che, lungo la via glicolitica, portano alla conservazione di parte dell’energia chimica presente nel glucosio in forma di ATP, la moneta di scambio energetico della cellula.[4]

Dato che, in condizioni fisiologiche, lo shunt di Rapoport-Luebering intercetta circa il 20% del flusso glicolitico, il costo energetico pagato dal globulo rosso per la sintesi del 2,3-bisfosfoglicerato implica l’esistenza di un equilibrio finemente regolato tra il fabbisogno energetico della cellula e la necessità di mantenere l’emoglobina in un adeguato stato di deossigenazione e ossigenazione.[7][9]

Ruolo del 2,3-bisfosfoglicerato

Il 2,3-bisfosfoglicerato svolge almeno tre funzioni.

  • E’ necessario per l’attività catalitica della fosfoglicerato mutasi. Ne consegue che la molecola ha anche un ruolo nel controllo del livello degli intermedi glicolitici.[14]
  • E’ uno degli attivatori allosterici della ribosio fosfato pirofosfochinasi o PRPP sintetasi. L’enzima catalizza l’attivazione del ribosio-5-fosfato, uno dei due prodotti della via del pentoso fosfato, a 5-fosforibosil-1-pirofosfato (PRPP), intermedio nella sintesi de novo delle purine.[18]
  • Il 2,3-bisfosfoglicerato è coinvolto, assieme ad altri fattori, nella regolazione allosterica dell’affinità dell’emoglobina per l’ossigeno, concorrendo a regolarne il rilascio a livello dei tessuti periferici.[8] Nell’uomo, nella maggior parte dei primati e in molti altri mammiferi il 2,3-bisfosfoglicerato riduce l’affinità dell’emoglobina per l’ossigeno. In questo modo la molecola favorisce la dissociazione dell’ossigeno dall’emoglobina, facilitandone la cessione ai tessuti.[4] L’azione del 2,3-BPG è un esempio di regolazione allosterica eterotropica, ossia un regolazione allosterica in cui l’effettore è diverso dal normale ligando della proteina.[11]

Emoglobina

L’emoglobina è presente nei globuli rossi, e, in quasi tutti i vertebrati, ha il compito di trasportare l’ossigeno molecolare ai tessuti.

La proteina ha una struttura quaternaria formata da quattro subunità e contiene quattro gruppi prostetici eme, uno per subunità, ognuno dei quali in grado di legare, reversibilmente, una molecola di ossigeno.[9]

In condizioni fisiologiche nell’uomo si distinguono due tipi di emoglobina: quella presente nell’adulto, indicata come emoglobina A, e quella fetale, l’emoglobina F.
L’emoglobina A è formata da due catene α, di 141 residui amminoacidici, e due catene β, di 146 residui amminoacidici. Dunque è un tetramero α2β2.
Nell’emoglobina F le catene β sono sostituite da catene γ, molto simili, ma non identiche alle β. Ne risulta un tetramero α2γ2.[9] Questa differenza ha una grande influenza sull’affinità della proteina per l’ossigeno.[11]

L’emoglobina può esistere in due conformazioni indicate come stato T, teso, e stato R, rilassato.
Sebbene l’ossigeno si leghi all’emoglobina sia nello stato T che in quello R, ha un’affinità maggiore per lo stato R, che viene stabilizzato dal legame. Il legame dell’ossigeno da parte dell’emoglobina è modulato da diversi fattori, alcuni con azione a breve termine e altri, come il 2,3-bisfosfoglicerato, che agiscono più a lungo termine.[4]

Cooperatività del legame emoglobina-ossigeno

L’emoglobina nello stato deossigenato si trova in conformazione T.
Il legame dell’ossigeno all’emoglobina nello stato T può avvenire solo sul gruppo eme di una delle subunità α, essendo i gruppi eme delle subunità β nello stato T virtualmente inaccessibili.[4]

Il legame della prima molecola di ossigeno innesca una variazione conformazionale nella subunità α che la converte nello stato R. Tale modifica è trasmessa alle subunità adiacenti mediante interazioni subunità-subunità, modifica che determina il passaggio della seconda subunità α allo stato R. Ciò innesca cambiamenti conformazionali sequenziali che portano al passaggio della struttura quaternaria dell’emoglobina che lega due molecole di ossigeno, Hb:(O2)2, dallo stato T a quello R.
A questo punto anche le subunità β possono legare l’ossigeno.[4]

Questo tipo di legame è detto cooperativo ed è alla base dell’andamento sigmoidale della curva di saturazione dell’emoglobina.[5]

Affinità dell’emoglobina per l’ossigeno

Nei capillari polmonari l’ossigeno si lega all’emoglobina, e, a mezzo della circolazione sanguigna, raggiunge i tessuti periferici cui viene rilasciato.
L’affinità di legame tra emoglobina e ossigeno è determinata principalmente dalla struttura dell’emoglobina. Tuttavia risulta modulata da vari fattori quali:

  • temperatura;
  • pH;
  • anidride carbonica (CO2);
  • ioni cloro (Cl⁻);
  • 2,3-bisfosfoglicerato.[8]

Le modifiche nell’affinità del legame Hb-O2 che si verificano nel sistema circolatorio ad opera dei suddetti fattori sono tali da ottimizzare il carico di ossigeno a livello polmonare e la sua cessione nei tessuti periferici.[19]

Graficamente, le modifiche dell’affinità di legame indotte dagli effettori allosterici e dalla temperatura, si traducono in spostamenti della curva di saturazione dell’emoglobina verso destra, nel caso di una diminuzione dell’affinità di legame, o verso sinistra, quando l’affinità di legame aumenta.[11]

Temperatura, pH, e CO2 operano un regolazione a breve termine.[19] Se ad esempio si considera il muscolo scheletrico durante l’esercizio fisico, vi si osserva un aumento della temperatura, della concentrazione degli ioni idrogeno e della pressione parziale della CO2. Alte concentrazioni di H⁺ e CO2 riducono l’affinità dell’emoglobina per l’ossigeno, un effetto noto come effetto Bohr. Anche l’aumento della temperatura diminuisce l’affinità. Tutto ciò favorisce il rilascio di ossigeno al tessuto muscolare.[2]

Anche gli ioni cloro e il 2,3-bisfosfoglicerato riducono l’affinità dell’emoglobina per l’ossigeno, ma si associano a una regolazione più a lungo termine.[19]

2,3-Bisfosfoglicerato ed emoglobina A

Il 2,3-bisfosfoglicerato si va a legare all’emoglobina A a mezzo di legami ionici che si stabiliscono con residui delle catene β carichi positivamente.
I legami tra il 2,3-bisfosfoglicerato e l’emoglobina si stabiliscono con le catene laterali della lisina 82, istidina143, e il gruppo ammino-terminale di ciascuna della due catene β. Questi residui vanno a formare una tasca elettrostatica complementare sia alla conformazione che alla distribuzione di carica del 2,3-BPG.[11]

Il 2,3-BPG si lega all’emoglobina deossigenata e stabilizza lo stato T. Anche gli ioni idrogeno, cloro e l’anidride carbonica stabilizzano lo stato T.[19]

Nel passaggio dallo stato T a quello R, tra le varie modifiche conformazionali che occorrono nella struttura quaternaria dell’emoglobina, si verifica anche il restringimento della tasca di legame per 2,3-BPG tra le subunità β, impedendone quindi il legame.
Degno di nota è il fatto che mentre l’emoglobina ha quattro siti di legame per l’ossigeno molecolare, ne ha solo uno per il 2,3-BPG.[4] Inoltre, il sito di legame per il 2,3-BPG è lontano da quello per l’ossigeno.[11]

2,3-Bisfosfoglicerato ed emoglobina F

Le catene γ dell’emoglobina F, analogamente alle catene β dell’emoglobina A, vanno a formare la tasca di legame per il 2,3-BPG.[11]

Tuttavia, nella tasca di legame sono presenti due cariche positive in meno rispetto all’emoglobina A. Infatti, in posizione 143 delle catene γ l’istidina è sostituita da una serina.[18]

Questa piccola differenza nella struttura primaria fa si che il 2,3-bisfosfoglicerato si leghi con minor affinità, e di conseguenza che l’emoglobina F abbia un’affinità per l’ossigeno maggiore rispetto all’emoglobina materna. Ciò concorre ad assicurare il trasferimento dell’ossigeno dall’emoglobina A a quella F, quindi dalla circolazione materna a quella fetale.[4]

Variazioni della concentrazione del 2,3-bisfosfoglicerato

La concentrazione del 2,3-bisfosfoglicerato nel globulo rosso può essere influenzata da diversi fattori, sia fisiologici che patologici.[18]

Tra le condizioni fisiologiche c’è l’adattamento all’alta montagna, mentre tra le condizioni patologiche si hanno difetti genetici a carico di enzimi glicolitici sia a valle che a monte della reazione catalizzata dalla gliceraldeide-3-fosfato deidrogenasi (EC 1.2.1.12), o malattie che causano ipossia.[12][13]

In tutti i casi le variazioni sono conseguenti a modifiche nella sua velocità di sintesi, e si riflettono sull’affinità dell’emoglobina per l’ossigeno.

Adattamento all’alta montagna

L’adattamento all’alta montagna è un processo piuttosto complesso che comporta anche un aumento del numero dei globuli rossi e del loro contenuto in emoglobina. Queste modifiche richiedono, per completarsi, settimane. Tuttavia, già dopo un giorno di permanenza in alta quota viene percepito un certo grado di adattamento. Questo effetto è conseguenza dell’aumento della concentrazione eritrocitaria del 2,3-bisfosfoglicerato.[18]

Ciò che accade è che la bassa pressione parziale dell’ossigeno attiva la glicolisi. A sua volta questo comporta un aumento del flusso di carbonio attraverso lo shunt di Rapoport-Luebering con conseguente aumento della sintesi del 2,3-bisfosfoglicerato, la cui concentrazione che può arrivare sino a 8 mM.
Tale aumento determina una riduzione dell’affinità dell’emoglobina per l’ossigeno, che ne facilita il rilascio ai tessuti periferici, concorrendo così all’adattamento all’alta montagna.[11]

Anemia

Variazioni della concentrazione eritrocitaria del 2,3-bisfosfoglicerato si hanno anche in due malattie a trasmissione autosomica recessiva: l’anemia emolitica non sferocitica da deficit di esochinasi e l’anemia emolitica da deficit di piruvato chinasi negli eritrociti.[12][13]

Nell’anemia emolitica dovuta a un deficit di piruvato chinasi negli eritrociti (EC 2.7.1.40), la carenza dell’enzima causa un incremento della sintesi di 2,3-BPG e, di conseguenza, una riduzione dell’affinità dell’emoglobina per l’ossigeno.[3] Un incremento della concentrazione del 2,3-BPG si verifica anche nei soggetti affetti da condizioni che limitano l’ossigenazione del sangue, che causano cioè ipossia. Un esempio è l’insufficienza cardiopolmonare.[18]

Nell’anemia emolitica non sferocitica causata da un deficit di esochinasi (EC 2.7.1.1), il deficit enzimatico eritrocitario causa una riduzione della concentrazione del 2,3-bisfosfoglicerato, portando così a un aumento dell’affinità dell’emoglobina per l’ossigeno.[15]

Bibliografia

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